Il cocomero

Non c'è membro della famiglia Vaselli di Serre di Rapolano che non abbia ascoltato la storia del cocomero di Azelio. Raccontata direttamente dai protagonisti agli altri parenti e ai figli, e da questi ai nuovi nati, questa storia arriverà un giorno anche a Beatrice, nipotina adorata, per bocca della sua mamma.
Bisogna andare indietro nel tempo di una sessantina d'anni, nel podere di Fonteluco, che i Vaselli tenevano come mezzadri e ortomi della famiglia Carmi.
Azelio era una giovanotto di quasi vent'anni, tutto proteso a guadagnarsi il rispetto che si doveva agli uomini grandi.
Per questo era infaticabile nei lavori pesanti dei campi ed abile in tutte le infinite sapienze del contadino: da come si potano gli ulivi a come si arrotano le falci, da come si riparano gli attrezzi a come si guidano i carri e i calessi e così via.
Ma Azelio voleva di più.
Voleva dimostrare di essere bravo anche nella cura dell'orto, tradizionalmente affidata alla sapienza delle donne di casa, sorelle e cognate.
Così, si era preso l'impegno di allevare il più grosso, il più tondo e più buono dei cocomeri.
Per quanto avesse pochissimo tempo, aveva piantato e concimato personalmente il cocomero dei sogni ed ogni giorno non mancava di fare una scappata all'orto per annaffiarlo e più tardi, quando la creatura era diventata grandicella, per rigirarlo, in modo che prendesse il sole e maturasse in maniera uniforme, senza quella striscia biancastra sulla buccia tipica dei cocomeri mai rivoltati.
Naturalmente Azelio proibiva alle donne di interferire, ed essendo di lingua pronta e pungente, più il cocomero cresceva e più glorificava la sua bravura.
Un caldo pomeriggio d'estate, all'ombra del fico dell'orto, Nilda, Lea, Ines, Derima (mia mamma) e Maria si riposavano dalle fatiche dell'orto e rimuginavano sul trionfo che di lì a pochi giorni il cocomero avrebbe avuto sulla tavola della domenica, e sulle vanterie del proprio fratello e cognato.
Sarà stata la voglia di punire il vanitoso, o forse lo scorno di ammettere che effettivamente quello era il miglior cocomero del raccolto, o più semplicemente perchè era l'ora della merenda, in quel momento maturò tra le donne il delitto perfettto: prima un giuramento di reciproca omertà, poi il taglio della creatura ed infine la sparizione della polpa (nelle pance) e di bucce e semi (nel mangime dei maiali).
Da questo punto la storia finisce o prosegue a seconda del carattere e delle capacità narrative di chi la racconta.
Io vi dirò semplicemente le fasi della storia.
Fase uno: lo stupore di Azelio (com'è che qualcuno ha rubato di giorno nell'orto e nessuno se ne è accorto ?)
Fase due: disamina del caso (nessuna effrazione, un solo cocomero rubato)
Fase tre: ipotesi investigativa (è stato qualcuno di famiglia)
Fase quattro (accusatoria): siete state voi donne (prova evidente è il fatto che ridete sotto i baffi)
Fase cinque (ammissione di colpa): siamo state noi (come dice Hercule Poirot nessun criminale resiste alla voglia di mettere il crimine alla luce del sole)
Fase sei (addolcimento della vittima allo scopo di ottenerne il perdono): in effetti era proprio il miglior cocomero che abbiamo mai mangiato
Fase sette: il perdono e le prime risate, come si conviene quando ci si vuol bene e quando gabbanti e gabbato capiscono di essere diventati protagonisti di una storia immortale.


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