In questo fine maggio freddo e piovoso, mi è capitato di riprendere in mano un libro dedicato al mio paese e dove è possibile leggere i documenti che raccontano qualcosa della mia gente, nel senso latino di gens, o etrusco di clan, a partire dagli antenati di oltre tre secoli fa.
I Vaselli erano e rimasero mezzadri, coltivavano terre di cui non erano e non divennero mai padroni.
Così bravi nel loro mestiere da consegnare al padrone di turno sempre più di quello che si aspettava, così bravi che la parte di raccolto che potevano trattenere era sufficiente a garantire loro un tenore di vita migliore di quello degli altri mezzadri.
Così bravi da meritare di pagare anche le tasse ai padroni dei padroni, che prima erano i granduchi di Toscana e poi i re d'Italia.
Erano talmente bravi nel loro mestiere che i padroni avevano bisogno di loro, li chiamavano alla loro presenza e qualche volta li invitavano a tavola. Ma durava poco.
La mia gente era umile ma non serva, parlava francamente e con rispetto del comune seppur diverso interesse, per cui i padroni prima o poi non li invitavano più a tavola con loro, tanto per rimarcare la differenza: caro Vaselli, sei bravo si, ma non illuderti di essere nostro pari.
Neanche gli altri, mezzadri o bifolchi che fossero, amavano la mia gente: quando i Vaselli erano in auge erano ritenuti superbi che era meglio temere, e quando non erano in auge si mormorava che lo meritassero, per aver voluto puntare troppo in alto.
Il ramo principale dei Vaselli coltivò sempre il podere di Fonteluco, il più grande e più bello del Pian della Bestina, e i rami cadetti coltivarono molti dei poderi a qualche ora di cammino, intorno al paese di Serre di Rapolano. Erano un clan forte perchè numeroso, solidale.
Poi la filosofia socialista, arrivata nei paesi durante la generazione che precedette la mia, distrusse la famiglia come entità allargata e solidale, e successivamente la filosofia dei diritti uguali per tutti, arrivata con la mia generazione, provvide a disperdere le famiglie-clan: tanti mestieri e non più un solo mestiere di famiglia, tanti e tanti chilometri tra biscugini e cugini, tra zii e nipoti e poi tra padri e figli, e nipoti.
La generazione dopo la mia ha sostituito cento o duecento parenti con altrettanti amici, amici delle medie, del liceo, dell'università, ancora più dispersi nel mondo.
Una volta, per non sentirsi soli la sera, si poteva fare una camminata di qualche centinaio di metri per andare a trovare un cugino e parlare di lavoro, di salute, della festa da organizzare, o per raccontare cosa aveva fatto uno o l'altro.
Adesso ci si collega via internet con un amico, per parlare delle stesse cose, ma senza respirarsi addosso, senza una stretta di mano, "ciao, e mi raccomando, se ci fosse bisogno chiama, faccio cinquecento metri, pardon, cinquecento chilometri e arrivo subito".
Ed io ? Io sono rimasto mezzadro come i miei antenati, ho fatto rendere per conto di altri aziende che non ho mai posseduto ma ne ho ricavato abbastanza per far vivere bene i miei cari, sono stato invitato spesso a tavola dei vari padroni e poi allontanato, ma non ho potuto nè appartenere ad un clan di parenti nè avere un clan di amici.
Ma va bene così, purchè riesca a far durare il giochino del mezzadro fino all'ultimo.
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